giovedì 19 settembre 2013

La Storia siamo noi, parte seconda

Il "gentismo" come categoria del pensiero che svaluta le competenze affermando che tutti possono fare tutto, perché la preparazione specifica non esiste dato che basta cercare le nozioni base su internet per diventare degli esperti, è una cosa pericolosa.
Si può facilmente arrivare all'assurdo di proporre una casalinga come ministro dell'economia perché tanto tenere i conti dello Stato non è diverso, o più impegnativo, che tenere quelli di casa. Stesso discorso vale per la pretesa di poter gestire un paese come un'azienda.

Non c'è dubbio che internet abbia dato un grosso impulso alla diffusione di questo tipo di pensiero, grazie alla facilità con cui le informazioni vengono messe a disposizione. Poco importa della loro qualità.
E tuttavia non sembra che il "gentismo" sia un prodotto della nostra epoca. Volendo essere pessimisti potremmo dire che è insito nella natura umana e che ci viene richiesto un notevole sforzo per staccarci da questa forma mentis. Sforzo che molti, per pigrizia, preferiscono non fare.

Ma veniamo ai fatti. Episodi di ipersemplificazione di una materia complessa e il vezzo di voler fare l'esperto pur sapendo a stento di cosa si sta parlando dovevano essere frequenti anche un secolo fa se Max Weber scrive con stizza intorno al 1905:
 Moda o ambizione letteraria oggi inducono a credere di poter fare a meno dello specialista, o di poterlo ridurre a un ruolo subalterno al servizio di chi "guarda, vede, intuisce". [...] Il dilettantismo non può essere il principio della scienza, ne sarebbe la fine.
E quella volta esisteva solo il telefono.

La cosa davvero spassosa è che si può andare incredibilmente indietro nel tempo e continuare a scovare le tracce che gli stizziti esperti che avevano costruito il loro sapere con fatica hanno lasciato riguardo all'uomo della strada che vuol mettersi al loro livello senza averne le competenze.
Facciamo un pauroso balzo all'indietro di milleseicento anni dal nostro amico Weber e spostiamoci nella Costantinopoli del IV secolo dopo Cristo, dove Gregorio, vescovo di Nissa, rileva esterrefatto come ormai non ci si possa girare senza che qualcuno non cerchi di spiegarti complesse questioni teologiche:
Tutti i luoghi della città [Costantinopoli] sono pieni di individui del genere, i vicoli, le piazze, i fori, le strade; venditori di mantelli, cambiavalute, negozianti di cibarie. Se t'informi sul denaro, quello ti fa una dissertazione sul generato e l'ingenerato; se chiedi il prezzo del pane, "Il Padre è il maggiore -ti risponde- e il Figlio è soggetto". Chiedi se è pronto il bagno e quello sentenzia che il Figlio deriva dal nulla. Non so come si debba chiamare questo male: frenesia, pazzia o una forma di epidemia che travolge le menti.
E millesettecento anni dopo non lo sappiamo nemmeno noi, caro Gregorio.
Forse, l'unica risposta sta nel citare ancora una volta il buon Weber:
Chi desidera "guardare" vada al cinematografo.

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