domenica 14 aprile 2013

La Storia siamo noi

Nella Roma arcaica una delle divinità principali, tanto da avere un posto accanto a Giove e Marte nella triade capitolina, era Quirino.
Le sue funzioni originarie non sono molto chiare, anche per la mancanza di testimonianze precise prima dell'arrivo degli influssi magnogreci-etruschi su Roma, che ne modificheranno i costumi religiosi. Tanto che il povero Quirino si ritroverà espulso dalla triade, ora formata (in ossequio al modello greco) da Giove, Giunone e Minerva.
Quirino rimase comunque una divinità importante nel panorama romano almeno fino al I secolo a.C., nonostante la mitologia scarna, perché legato a quella tradizione che i cives custodivano gelosamente. A lui era intitolato il terzo dei flamini maggiori, la sua residenza era la rupe del Quirinale (luogo tradizionalmente associato al potere) e la sua sfera di influenza si estendeva a tutte le attività degli uomini liberi in tempo di pace.


Anche la sua origine è controversa: gli stessi latini non sono concordi. Per Varrone era una divinità portata a Roma dal re Tito Tazio (re dei sabini, che formò l'alleanza con Romolo dopo l'episodio del ratto) dalla sua città natale, Cures. Per Ovidio il nome derivava dalla parola stessa di Quiriti, l'epiteto con cui i romani appellavano se stessi, e configurava quindi Quirino come il numen della tradizione romana per eccellenza. Infine Macrobio lo riteneva un dio sabino, facendo derivare il nome da curis, la tipica lancia di quel popolo. Il tutto, con l'aggiunta dell'identificazione tra Quirino e Romolo stesso, è riassunto da Plutarco nella Vita di Romolo.
L'interpretazione moderna collega l'etimologia del nome Quirino alla stessa radice della parola Curia, l'unità minima di suddivisione della popolazione all'interno della città di Roma. La radice comune dovrebbe essere co-viria, dalla quale dovrebbe derivare anche il termine Quiriti, attraverso co-virites.

Ogni curia della città di Roma aveva i suoi propri numi tutelari, dei Lari collettivi di tutta la curia che dovevano essere celebrati accanto ai Lari delle singole famiglie che la componevano. Questi Lari venivano celebrati in una festività mobile, che cadeva intorno alla metà di Gennaio e il cui rito prevedeva la torrefazione del grano, riconnettendosi alla cultura arcaico-contadina dei primissimi abitanti di Roma.
Coloro i quali non riuscivano, per i motivi più disparati (anche se gli unici moralmente accettati erano un lutto o una malattia, gli stessi motivi che giustificavano il non presentarsi in tempo di guerra alla chiamata alle armi) a celebrare il rito, avevano una seconda possibilità il diciassette di Febbraio, durante le festività in onore di Quirino, chiamate stultum feriae, le feste degli stolti. Stolti che sono tali, per Ovidio, in quanto non doctos colonos.

Questa festività andava sotto il nome di Quirinalie (Quirinalia).
Può essere un caso?

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